Cannabis ad uso medico. Sì, ma per cosa?

L’uso medico della cannabis  e dei suoi componenti (i “cannabinoidi”) ha una storia millenaria condivisa da molte culture nel mondo.

Nella medicina moderna piuttosto, non si usa la combustione o l’inalazione della pianta essiccata, ma si utilizzano medicinali a base di fitocannabinoidi o di cannabinoidi sintetici, sui quali vengono effettuati tutti i moderni studi scientifici.

Oggi sembra essere tornata alla ribalta a causa del numero sempre maggiore di Stati che ne autorizzano l’utilizzo a fini medici ed è tornata ad essere utilizzata nel trattamento di certe patologie, per esempio per ridurre la nausea dovuta a chemioterapia o malati di AIDS, o per trattare il dolore e la spasticità muscolare, inoltre diversi studi hanno dimostrato la sua efficacia sui malati di Parkinson: pochi minuti dopo l’assunzione è in grado di calmare completamente o quasi i tremori e la persona riesce a vivere una vita normale, potendo controllare i suoi movimenti.

È stato accertato che la cannabis può essere usata per numerose altre applicazioni mediche, ma non vi sono dati sufficienti per conclusioni sulla sua sicurezza ed efficacia. Sono inoltre in corso alcuni studi sugli effetti antitumorali del THC.

La cannabis può essere somministrata tramite vaporizzazione o combustione dei germogli dei fiori essiccati, se ne ricavano estratti di vario genere, tra cui anche un olio essenziale, oppure la si può assumere in capsule. Farmaci a base di cannabinoidi sono disponibili in alcuni Paesi dietro prescrizione medica (come il dronabinol,  il nabilone, ma anche in Italia per alcune terapie, soprattutto nella riabilitazione da tossicodipendenze). Sebbene l’uso a scopo ricreativo resti illegale in molte parti del mondo, l’uso medico della cannabis è ormai completamente, o quasi, legale.

In effetti, la canapa è stata per migliaia di anni un’importante pianta medicinale, con l’Italia che ne era una grande produttrice, fino all’avvento del proibizionismo della cannabis.